Lo so molti penseranno che ho fatto la scoperta “dell’acqua calda”…
Scrivere un post sull’importanza della condivisione del progetto terapeutico, può sembrare superfluo, però credetemi, vedo bimbi lanciati come “pacchi” da genitori che scappano, ovviamente a lavoro, mi rendo conto che seguire un bambino diversamente abile è impegnativo,
spesso devono essere accuditi in tutto, a volte tutti noi entriamo… nel vortice della rutine quotidiana e le nostre azioni si susseguono per settimane, mesi, anni con il tempo siamo assuefatti dal ripetersi delle cose e involontariamnete non c’è più la curiosità di sapere e/o spiegare cosa stiamo facendo….
Il mio non vuole essere un modo per coplevolizzare nessuno, ma solo uno spunto per riflettere, per pensare a ciò che facciamo e cercare di allearci sempre con chi può darci una mano, cioè i familiari!
A volte mi rendo conto che dopo aver terminato la terapia ho sempre una conversazione con il genitore, ma qualche volta ci limitiamo alla loro domanda:<<com’è andata?>>, gli rispondo magari dicendo: <<bene!>>, e finisce così… non ci siamo detti nulla…. Passeranno almeno due/tre giorni prima che rivedrò quel bambino/a, e ciò che è stato fatto in terapia si ferma…
Ovviamente non è sempre così, altrimenti non ci sarebbe un senso al mio lavoro , però onestamente devo dire che qualche volta capita!
I genitori sono un alleato importantissimo, per noi il lavoro di squadra è fondamentale per il conseguimento degli obiettivi terapeutici , se, per esempio, immagino una difficoltà semplice, come un difetto di peonuncia (definito clinicamente: disordine fonetico fonologico oppure ritardo del linguaggio),
è ovvio che se l’allenamento con la ripetizione di parole e degli esercizi di prassie che servono per correggere la pronuncia, sono eseguiti anche in ambito domestico, il bambino correggerà sicuramente in tempi più brevi il suo linguaggio, e questo vale per qualsiasi trattemento stiamo effettuando.
Penso che per poter roeseguire gli esecizi a casa, i genitori hanno bisogno di osservare come lavoriamo con i loro figli, quindi a mio avviso dovrebbero accedere in terapia, magari gli ultimi 10 minuti, per osservare come lavoriamo con il loro bambino e ripetere le stesse cose anche a casa.
L’osservazione diretta è il modo migliore per far comprendere come procedere nell’allenamento quotidiano, ricordo di una mamma che doveva far ripetere al suo bambino la sillaba /PA/ lo stupore che ha mostrato quando io e F. abbiamo iniziato a giocare con un pezzettino di carta sul dorso della mano e pronunciando /PA/ lo facevamo saltare, F. si divertiva e contemporaneamente stavamo lavorando sull’impostazione fonetica.
Per ogni bambino è importante trovare il modo giusto per proseguire il nostro lavoro, ma sopratutto è importante coinvolgere i genitori in modo che ci sia sempre un seguito a ciò che facciamo, a volte non è possibile per mancanza di tempo per impegni di vario genere, ma il nostro compito è di provarci sempre e di allearci con chiunque possa darci una mano, i genitori, una maestra la baby sitter ecc
oggi il nostro post vuole essere solo un piccolo spunto, per pensare e cercare di fare sempre le cose nel modo migliore…
se vorrai lasciare un tuo commento nè saremo lieti… grazie!