E’ osservazione comune per chi opera nella sanità che le aspettative dell’utente e di pari passo le richieste degli operatori siano sempre maggiori, pressanti e specifiche: l’informazione più qualificata e diffusa, le conquiste in ogni settore ne sono i presupposti di fondo.
Anzitutto il malato esige che l’invasività delle manovre diagnostiche e terapeutiche sia giustificata e finalizzata al conseguimento di una migliore qualità di vita; in un secondo luogo, merito soprattutto delle attuali performance anestesiologiche, giungono… alla riabilitazione, pazienti in condizioni tali che solo poco tempo fa non sarebbero stati recuperabili.
Ne consegue la necessità di una nuova impostazione del lavoro: non più il singolo operatore che gestisce la routine quotidiana, ma il “super specialista” che conosca al meglio quella problematica, ne divenga il referente per il suo settore e ne condivida la specificità con altri “super specialisti”.
Nascono quindi team o gruppi di lavoro, costituiti da più persone che conoscono l’obbiettivo il percorso diagnostico e/o terapeutico, il suo sviluppo e che lavorano in coordinazione fra loro.
Ciò presuppone e implica uno scambio continuo di pareri e di conoscenze tali da ottimizzare tempi, risorse e interventi in funzione del raggiungimento dell’obiettivo. D’altro canto, l’azione pur sinergica di diverse figure professionali, presenta un rischio: perdere di vista il paziente nella sua globalità e nella sua specificitàNe è un tipico esempio la gestione del paziente disfagico, soprattutto quando si debba stabilire il momento più opportuno e tempestivo in cui passare dalla cannula cuffiata a quella non cuffiata.Si vuole, con questo lavoro, porre l’attenzione proprio su tale aspetto.
L’utilizzo della cannula cuffiata infatti, deve essere limitato al tempo strettamente necessario allo svezzamento dal ventilatore e al raggiungimento di una discreta autonomia di gestione delle secrezioni.
L’esclusione funzionale della laringe può portare ad una sua immobilità con una perdita dei riflessi protettivi e conseguente disfagia, che si possono prolungare nel tempo anche dopo la rimozione della cannula endotracheale e il ripristino della respirazione per via fisiologica.
D’altra parte, la tempestività del passaggio alla cannula non cuffiata permette di ridurre il rischio di ipomobilità delle corde vocali e dei seni piriformi scusami legato ad una prolungata assenza del flusso respiratorio attraverso la laringe e dalla conseguente interruzione delle relative stimolazioni sensoriali al sistema nervoso centrale.
Non si possono inoltre trascurare altri due aspetti: da un latto, le secrezioni che ristagnano sopra la cuffiatura costituiscono un pabulum per numerosi microrganismi e quindi una possibile fonte di infezioni, dall’altro le manovre per aspirarle, espongono al rischio che le stesse vengono inalate.
Questa manovra richiede una tecnica coordinata chi non sempre viene attuata in molto corretto anche nei reparti ad alta specializzazione. Essa prevede l’introduzione del sondino d’aspirazione nel lume della cannula e la sua attivazione prima di iniziare a ridurre la pressione della cuffia tura.
La difficoltà di gestione stata soprattutto nella mancanza di un’ univoca linea di condotta fra i vari specialisti chiamati a confrontarsi con questo problema in particolare anestesisti e otorinolaringoiatri.
La necessità da parte dei rianimatori, di assicurare un’adeguata ventilazione mediante l’uso di ventilatori a pressione positiva e di proteggere le vie aeree da fenomeni di inalazione, impone l’utilizzo di cannule cuffiate per tempi a volte molto lunghi con probabile instaurarsi di disfagia e di tutti quegli inconvenienti cui abbiamo accennato precedentemente.
La letteratura è alquanto imprecisa al riguardo riportando un’incidenza che varia tra il 50% e l’83%. Secondo quanto riportato dall’esperienza del Servizio di Audiologia-Foniatria Università di Padova, Ospedale Regionale di Treviso; S.C. Clinicizzata di Otorinolaringologia Università di Padova, Ospedale Regionale di Treviso, esaminando 1070 pazienti in ambito riabilitativo logopedica, hanno verificato che è possibile accorciare i tempi di ripristino dell’alimentazione orale.
Scopri come nella seconda parte dell’articolo…..
Insomma è un casino!…
Mia sorella, Laura, di 55 anni, in cura presso l’Istituto dei Tumori di Milano per un tumore alla gola, a seguito di una prima parte di radio terapia TROPPO FORTE, a sentir loro stessi, si è ritrovata una sera a non poter più respirare. Ricoverata d’urgenza al San Raffaele di Milano, poichè l’Istituo dei Tumori non ha prontosoccorso, e in fin di vita priva di conoscenza, ci viene chiesto se procedere o meno con la tracheostomia come manovra salvavita! Io, fratello, e la nostra mamma, diamo il consenso.
Tutto bene, gli anestesisti riescono d intubarla ed il chirurgo chiamato in reperibilità, fa il suo lavoro assicurandoci che la cosa è cmq reversibile.
Oggi, 04 aprile 2017, ci dicono che non respirava poichè le corde vocali erano atrofizzate (forse a causa di quei raggi?) e che dovrà tenere il sondino per l’alimentazione e la cannula per sempre!… La cannula ce l’ha da praticamente da quasi 8 giorni (mentre le scrivo).
A lei è crollato un mondo e a noi anche. A giorni entrerà all’istituto dei tumore come ricoverata per fare tutti gli aggiornamenti del caso, prima andava solamente per le visite e per la terapia!…
Io penso già di farla vedere da un altro medico che conosco, dott. Pintucci, dell’H. di Viemkrcate, sezione otorinolaringoiatria e lui esperto in timori alla gola.
Per il resto credo che ci rivolgeremo anche a quelle associazioni a tutela dei malati contro eventuali casi di malasanità!… Cosa vuol dire “eh, hanno fatto la radio-terapia troppo forte!”… in un istituo dei tumori famoso in tutto il mondo!!!
Consapevoli che ci sono drammi peggiori del nostro ma anche che per ognuno di noi il proprio dramma è enorme e talvolta ingestibile, speriamo che da tutto ciò qualcosa di buono possa venir fuori.
Il suo scritto mi ha messo anzia e timore ma anche un barlume di speranza, se non perchè Laura possa tornare a parlare, almeno che possa tornare a respirare e mangiare normalmente!…
Non so che consigli mi potrà dare e se me li potrà dare ma in questo momento non so cos’altro fare. Sono qui da ore a cercare su Google casistiche e soluzioni!…
Grazie per la comprensione.
Buon lavoro
Andrea B. – Milano
Gent.ssimo Sig Andrea
La ringraziamo di aver condiviso con noi la storia di sua sorella, ci rendiamo conto della sofferenza nel veder soffrire un proprio familiare….
Purtroppo fare diagnosi e pronostici clinici non è di nostra competenza, quindi non possiamo rispondere alle domande da Lei poste.
Posso dirle che con la riabilitazione logopedica è possibile poter parlare nuovamente ma non tutti accettano la modalità da attuare,
poiché non avendo più le corde vocali e non potendo sfruttare le vibrazioni laringee per poter parlare detto in parole molto semplici si parla sull’area che viene prodotta da un’eruttazione volontaria,
questo spesso provoca una difficoltà emotiva nei pazienti alcuni preferiscono il laringofono o comunicazioni alternative….
Bisogna comprendere cosa si adatterà meglio alla condizione clinica e psicologica di sua sorella e trovare la strada migliore.
Le auguriamo che tutto possa andar per il meglio e che il quadro clinico di sua sorella le consenta una buona ripresa.
Rimaniamo a sua disposizione
Cordialmente Dott Roberta Riccio e lo Staff di Riabilitazione Logopedia